CRESTA DELLE MALECOSTE

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Se qualcuno si rivolgesse a me per un consiglio su un bel giretto rilassante da affrontare in bici sicuramente quest’itinerario glielo sconsiglierei vivamente in quanto la pedalabilità è pari a circa il 60% dell'intero tracciato. Se qualcuno mi chiedesse esplicitamente la traccia di oggi tenterei di scoraggiarlo a percorrerla…ma se qualcuno mi supplicasse dicendomi di volere, in un solo itinerario, grondar fiumi di sudore, dominare la montagna e restare senza respiro dinanzi a cotanto splendore a costo guardare in faccia i dirupi e superare passaggi alpinistici…allora a questo punto gli direi….”vai….ma fai molta molta attenzione”. Sono le ore 05:00 del mattino quando, posteggiata l’auto nei pressi del parcheggio della Funivia del Gran Sasso, imbocchiamo in leggera discesa il Sentiero Italia che incrocia la strada per il Valico delle Capannelle. Iniziamo a salire costantemente su bitume fino ad oltrepassare il bivio per San Pietro. Poco più avanti, in corrispondenza di una curva a sx, svoltiamo a dx per una carrareccia che sale ripida. All’inizio della strada troviamo una fonte dalla quale conviene attingere più acqua possibile e gestirsi oculatamente le scorte perché nel tragitto non troveremo più fonti. Saliamo, oltrepassiamo un pascolo recintato e giunti in corrispondenza di un rifugio di pastori, abbandoniamo la strada per effettuare un taglio verso un vecchio stazzo diversi metri sopra le nostre teste. Giunti allo stazzo dopo qualche passaggio bici in spalla ecco che incrociamo la carrareccia che porta al Lago di Camarda. Pedalarla è impresa non poco faticosa sia a causa della pendenza che del fondo sconnesso. Inizia qui la lunga ed estenuante salita che passa per la Pietra Cavalli, taglia il Piano di Camarda ed arriva all’omonimo lago. Dopo esser lievitati di circa 1000m di dislivello troviamo un paesaggio d’altri tempi il quale rievoca il selvaggio west. Ora dobbiamo raggiungere la prima vetta della giornata ossia il Pizzo di Camarda. Ci incamminiamo bici a spinta su una sterrata lungo il fianco dalla montagna per poi abbandonarla e seguire il crinale montuoso affacciato sulla Valle del Chiarino fino alla vetta. Dal Pizzo di Camarda(2332m), una volta gustato il panorama, bisogna pur scendere e per far ciò l’attenzione deve essere massima. Un paio di passaggi esposti vanno affrontati con cautela prima di proseguire per l’accidentato sentiero che sale alla Sella delle Malcoste(2228m). Anche in questo tratto la pedalabilità è pari quasi a zero a meno che non si posseggano doti funamboliche. Dalla sella parte una traccia che sembra portare in paradiso, un sentiero che, se preso troppo “di petto”, riesce a toglierci molte energie, considerati il peso della bici e dello zaino che portiamo sulle spalle. Stiamo passando poco sotto la Cima delle Malecoste (2411m) che segna il preludio alla spettacolare Cresta delle Malecoste. Finalmente possiamo risalire in sella e goderci, seppur per poco, uno dei passaggi più entusiasmanti del Gran Sasso. Si pedala su una lama pietrosa quasi snobbando il versante dell’aquilano posto a confronto con la selvaggia Valle del Venacquaro. Viaggiamo a quota 2400m incrociando gli occhi increduli dei trekkers che ci chiedono da dove avessimo avuto il barbaro coraggio di salire. La passeggiata in alta quota aimè dura troppo poco. In lontananza si scorge Cima Giovanni Paolo II. Si tratta del “Gendarme”, denominazione questa che non è assistita da alcun crisma di ufficialità e che risulta in tal modo conosciuta soltanto nell’ambito d’una ristretta cerchia di assidui frequentatori del Gran Sasso. Tale denominazione, infatti, non è riportata sulla cartografia geografica ufficiale. La cima dedicata all'ex pontefice, è contraddistinta da un'imponente croce in ferro alta oltre 2 m, ove sul lato che guarda a valle, sono inserite delle icone in bassorilievo raffiguranti Giovanni Paolo II e i quattro Santi protettori della città dell'Aquila, San Pietro Celestino V , San Bernardino da Siena, San Massimo D’Aveia e San Equizio. Costituisce un punto di arrivo logico e oltremodo attraente per un escursionista preparato e desideroso di luoghi poco usuali. Il panorama sempre piú ampio, mano a mano che si ascende, le splendide vedute sui due versanti della catena del Gran Sasso, la ricchezza di flora, il frequente incontro con i camosci, sono solo alcune delle attrazioni di questo itinerario. Il C.A.I. classifica il percorso con la sigla EE. Si tratta di itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari a quote relativamente elevate: pietraie, brevi nevai non ripidi, pendii aperti senza punti di riferimento, tratti rocciosi con lievi difficoltà tecniche, percorsi attrezzati, vie ferrate fra quelle di minore impegno. Necessitano: esperienza di montagna in generale e buona conoscenza dell'ambiente alpino, passo sicuro e assenza di vertigini, equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguate. Tornando a noi, tutto ci è reso ancor più difficile dall’intralcio delle bici che spesso siamo costretti a passarci di mano. Le segnalazioni che incontriamo consistono il piccoli segni bianchi e rossi oltre che ai soliti “omini di pietra”. I passaggi che dal Gendarme conducono in prossimità della vetta del Pizzo Cefalone ci segnano oltre che fisicamente soprattutto psicologicamente arrivando a farci perdere parte di quella lucidità mentale, condizione imprescindibile quando si affrontano tali escursioni. Quando ci rendiamo conto di aver accusato pesantemente il colpo allora decidiamo di fermarci un attimo per riposarci e tornare a riflettere. Ci troviamo a quota 2515, sopra le nostre teste la vetta del Cefalone ma quel che più preoccupa sono i circa 1400m di dislivello negativo che ci separano dal nostro punto di partenza. Dobbiamo scendere, dobbiamo liberarci dello stress e dell’ansia accumulata. Sono ben sette ore che vaghiamo concedendoci soltanto piccole soste e oltretutto le scorte d’acqua sono al limite. Incominciamo a scendere tra questi maledetti spuntoni rocciosi e finalmente il sentiero torna ad essere in parte pedalabile fino a divenirlo del tutto in prossimità del Monte Portella. Le forze paiono tonare come d’incanto. Tutta la fatica pare svanire di fronte all’adrenalinico Vallone della Portella. Quel briciolo di lucidità che ci resta lo abbiamo appositamente conservato per gustarci questo divino single track che, passando per la provvidenziale Fonte della Portella, ci spara a cannone giù per il Vallone….e poi sempre più giù tra i boschi fino alla fine di questa folle escursione. Ci sono giornate, come queste, in cui, quando alla fine, stremati, ci si siede dinanzi ad una birra gelata, quasi si scherza sul vissuto ma ci si dimentica di ringraziare Qualcuno che da Lassù ci ha guidato e protetto anche stavolta.

CINGHIALE – MAGO 22/07/2012 Fonte Cerreto- Assergi (AQ)




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Commenti

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rpapero

22.07.2012 16:05

per info ci trovate su http://www.facebook.com/#!/groups/232264236837873/
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gigio bar

22.07.2012 19:15

Mannaggia, rpapero ci siamo quasi incrociati. Noi abbiamo fatto assergi -il vasto- Monte S.Franco- rifugio Panepucci- e ritorno. Che zone splendide. Il nostro abruzzo è unico.
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rpapero

22.07.2012 19:28

puoi dirlo forte....

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Inserito da
rpapero
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Tipologia
Itinerario da A ad A
Inserito il
22.07.2012
Località
Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga,
Regione
Altro
Tempo Percorrenza
7 ore
Distanza
27
Dislivello
1880
Difficoltà tecnica
molto difficile
Condizione fisica
molto duro
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